TERAPIA D'URGENZA, il forum della fiction

I Pistoleri del Medio Mondo, Fan Fiction

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view post Posted on 17/7/2010, 09:56
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- Per Dio, ancora non riesco a crederci - disse Armand, mentre si avvicinavano lentamente alla belva sdraiata in mezzo alla radura.
- Per poco non me l’ha fatta - disse Natasha, ripulendosi dalla terra e dagli aghi di pino. Era ancora costernata. - Spero che sia l’unico di questa foresta, se no avremo un bel daffare -
Marina si chinò accanto all’orso. Dal suo corpo continuava ad uscire fumo grigio. All’interno, udiva rumori strani, gorgoglii, rantoli soffocati. Era evidentemente malato, perché orde di parassiti lo abbandonarono, morendo non appena uscivano dal suo corpo.
- Cosa diavolo era? - domandò Armand.
- Crediamo fosse uno dei Guardiani. Ne esistono dodici e... - iniziò Laura.
- Non è uno dei Guardiani - disse Marina. - Date un’occhiata più da vicino -
Una targa metallica era fissata sulla parte superiore di una delle cosce dell’orso. Su di essa era stampigliata una scritta.

SPECIE: Orso
MODELLO 1: Guardiano
N° DI SERIE: A-73645394093746

MIR

PRODOTTO A: Algul Siento

.

- Non è un Guardiano. Altro che guardiano! - esclamò Valerio. - Questo è un maledetto robot! Come i cavalli dei Lupi! -
- Non può essere - disse Esther. - Sanguinava -
- Può darsi - disse Valerio. - Ma la normale varietà d’orso di certo non ha un disco metallico fissato su un palo al centro della testa. Ne targhette metalliche appiccicate addosso... Marina cosa fai? -
Non era necessario rispondere. Era andata a recuperare il coltello di Armand e ora stava scalzando un occhio dell’orso. Che non era un vero occhio. Era una palla metallica che somigliava ad un occhio. Poi scrutò nell’orbita vuota e dalla quale non usciva nemmeno una goccia di sangue.
- Venite a vedere tutti - disse. Esther si chinò e guardò, turbata, nell’orbita di Mir, se così davvero si chiamava quell’essere. Valerio e Laura guardarono alle loro spalle. Armand aspettò che si spostassero e guardò anche lui. L’ultima fu Natasha. Videro tutti una ragnatela di fili metallici, molto sottili. Dietro di esse, una lucina rossa si accendeva e si spegneva ad intermittenza. Valerio infilò un dito nell’orbita e toccò uno di quei fili. Non accadde niente. Poco dopo la luce rossa si spense.
- Non è esattamente un robot - fece notare Armand.
- Cosa sarebbe dunque? - domandò Laura.
- Un cyborg. -
Sguardi interrogativi attesero spiegazioni.
- Nel mio mondo li chiamavano così. Cyborg. Metà carne, metà robot -
- E a costruirlo sono stati quei geni che succhiavano il cervello ai gemelli. Algul Siento - disse Valerio.
- Così sembra - rispose Marina. - Uomini del mondo che è andato avanti probabilmente -
- Sì. Di certo - confermò Armand. - Uomini del mondo che è andato avanti. Ma molto avanti, oserei dire -


Quella sera si sedettero tutti intorno al fuoco che Natasha aveva acceso con un incantesimo, nella radura dove Marina, Valerio e Laura si erano allenati nel pomeriggio. Sopra di loro, l’arcata nera del cielo era tempestata di stelle lucenti. Il Vecchio Astro, che indicava il nord, splendeva, più luminosa di tutte le altre.
Una delle sfere, nella sacca, ronzava cupamente.
- Ci hanno raccontato varie storie durante il nostro addestramento per diventare pistoleri - disse Marina, seduta accanto ad Esther. - Ben, quando eravamo ancora bambini, ci disse che quando il mondo era ancora nuovo, esistevano i Grandi Antichi, che non erano dei, ma umani molto saggi e che parlavano la lingua conosciuta come Lingua Antica, che ormai pochi conoscono. E’ chiamata anche Lingua Eccelsa. Loro crearono dodici Guardiani, che avrebbero sorvegliato dodici portali. Da quei portali si usciva da questo mondo. -
- Portali - disse Armand. - Porte, quindi. Si aprono su dodici mondi diversi? -
- Presumibilmente sì. Qualcuno dice che questo dimostra l’esistenza di dodici mondi paralleli a questo. Ma credo siano molti di più. Potrebbero assomigliare alla porta Introvata della Grotta delle Voci, ma sono certamente più grandi. E sono fuori dal Ka. Quindi oltre il destino. Questo lo diceva Ben. Non si sa con certezza. -
Rimase in silenzio per un momento, poi raccolse un bastoncino, spostò un mucchio di aghi di pino e disegnò nella terra un cerchio, con dodici X lungo il bordo interno.
- Le X sono i portali. Se si tracciano delle linee che li uniscono... - Le tracciò. Ad Armand il risultato sembrò la ruota di una bicicletta con tutti i suoi raggi. - Se si tracciano queste linee che li uniscono, vedete che tutte si intersecano in un punto, al centro del cerchio... -
Era vero. Esther si sentì accapponare la pelle. - E’ lì? E’ quello il punto? -
Marina annuì. - In quel punto c’è il tredicesimo portale. Quello più importante. Quello che governa non solo questo mondo, ma tutti i mondi. Lì c’è la Torre Nera che noi stiamo cercando -
Silenzio assoluto. Tutti fissavano il disegno. Armand pensava alla profezia dei Maya, che collocavano la fine del mondo (di tutti i mondi) il 21 dicembre 2012.
- A ciascuno dei dodici portali, gli Antichi mandarono un guardiano. Da bambina ricordavo tutti i loro nomi. Ora no. Sicuramente uno di quelli era l’Orso. Non quello che abbiamo incontrato nella foresta. Quel Mir era solo una copia mal riuscita del vero guardiano. C’erano il Leone... la Tigre. Il Lupo... e la Tartaruga, cioè uno dei più importanti. Di solito si pensa che siano tutti simboli. Come la Torre. Ma non lo sono. L’orso che abbiamo visto, però, era certamente sul percorso della Torre. E’ stato messo lì da quelli di Algul Siento, probabilmente per evitare che qualcuno decida di mettersi sul cammino della Torre. -
- Ma noi li abbiamo fregati - terminò Valerio, con un mezzo sorriso.
- Per ora - disse Marina. - Per ora -


Quella notte Armand sognò. Sognò di essere tornato nel suo mondo, a Londra. Precisamente, era a Trafalgar Square, seduto sui gradini della National Gallery a guardare orde di turisti armati di zaini, macchine fotografiche, occhiali da sole e con un guida che agitava freneticamente l’ombrello colorato. Aveva un libro e una videocassetta appoggiata sulle ginocchia ed era vestito da prete. La lunga tunica gli arrivava ai piedi ed era di un viola scuro. La croce che portava sempre gli pendeva sul petto. Il libro non era la Bibbia. Non era neppure un romanzo. Era il Paradise Lost di Milton. Un’opera da molti considerata eretica. Il Paradiso Perduto sulle ginocchia di un prete. La storia della tentazione di Adamo ed Eva ad opera di Lucifero e della loro cacciata dal Paradiso terrestre. Un Lucifero visto come un angelo ambizioso e orgoglioso, un essere affascinante, che nel poema appariva quasi come un eroe, un lottatore che dà battaglia contro le sue stesse paure e debolezze. Riuscendo a corrompere l’uomo. La videocassetta... non era una videocassetta, ma una raccolta di dvd. E la serie naturalmente era Buffy - The Vampire Slayer. Non sapeva quale fosse la stagione e non capiva cosa c’entrasse con il libro.
Aprendo il libro, Armand scoprì che, nella lettura, era giunto ad una delle battute più famose di quel poema.

Here at least
we shall be free; the Almighty hath not built
Here for his envy, will not drive us hence:
Here we may reign secure, and in my choice
to reign is worth ambition though in Hell:
Better to reign in Hell, than serve in Heaven
.



Richiuse il libro e si alzò. Dovevano essere circa le nove del mattino. Il traffico era molto intenso. Attraversò lo spiazzo dinanzi alla National Gallery. I Leoni neri se ne stava seduti ai piedi della Colonna di Nelson. Guardando la colonna, Armand pensò alla Torre. E guardando il Leone...
Il Leone. Uno dei dodici guardiani.
Un uomo lo stava fotografando con una macchina fotografica digitale nuova di zecca. Quando lo fissò, si accorse che l’uomo era Larry. Aveva la faccia tumefatta per le botte prese dai due Naziskin, ma sorrideva.
Vai allora, ci sono altri mondi oltre a questo, gli disse Larry.
Strappi si aprirono in Trafalgar Square, strappi nella realtà, come accadeva quando la sfera nera spediva la sua vittima in un altro mondo.
Si ritrovò in mezzo ad un vastissimo campo di rose rosse, che si estendeva per miglia e miglia. E in mezzo a quel campo si ergeva, altissima, costruita con mattoni color della fuliggine, la Torre Nera. Una colonna slanciata, circondata alla base dal rosso vivo delle rose. Una fila di finestrelle saliva a spirale verso l’alto. Verso una sommità che non poteva vedere, perché le nuvole l’avvolgevano. Il cielo sopra di lui era grigio.
Che spettacolo incredibile, pensò Armand. Sì, era incredibile. Incredibile ed inquietante, poiché si trovava proprio all’ombra della Torre. E anche se cercava di spostarsi l’ombra sembrava seguirlo. Poi, con orrore crescente, capì di essere prigioniero dell’ombra.
Nessuno entra nella Torre!, tuonò una voce distorta e furiosa. Nessuno!
Armand cercò di gridare, ma dalla bocca non uscì alcun suono. Udì la nota squillante di un suono potentissimo, il suono di un corno. Un avvertimento, forse. Il suono di corno si ripeté, ancora e ancora. Il cielo sopra di lui si oscurò e la Torre intera parve vacillare.
Io sono il Guardiano. Sono il Tredicesimo. E tu non hai molto tempo, disse la medesima voce di prima. Ma c’è un treno che passa nelle lande desolate. Se prendete il treno allora forse arriverete in tempo. Però nessuno entra nella Torre! Nessuno!
Si aprirono altri squarci nell’oscurità e terribili occhi disumani, rossi come il sangue, lo scrutarono. Una voce piatta, quasi morta disse: Se riesci a trovare il treno, sarà solo l’inizio dei guai. Perché il treno non è come gli altri treni del mondo che è andato avanti. Il treno è Blaine. Blaine il Mono.
Blaine il Mono. Doveva ricordarsi quel nome. Blaine il Mono.
Poi un urlo lacerante sembrò infiltrarsi in quell’oscurità, rischiando di scassargli i timpani.
...FASE DI DISATTIVAZIONE... LA DISATTIVAZIONE E’ COMPLETA...
Armand, nel sogno, gridò.

Si svegliò e si drizzò a sedere vicino ai resti spenti del fuoco. La voce che aveva udito nel suo sogno echeggiava come un tuono nella radura.
- L’IDENTIFICAZIONE DI QUESTO ANIMALE E’ MIR. RIPETO, MIR. MODELLO PROGETTATO AD ALGUL SIENTO. LE CELLULE SUBNUCLEARI SONO IN FASE DI DISATTIVAZIONE. NON C’E PERICOLO. LA DISATTIVAZIONE E’ COMPLETA AL 35 PER CENTO -
La voce tacque. Armand vide Esther, Marina e gli altri ai margini della radura. Erano rivolti nella direzione da cui proveniva la voce. Li raggiunse, domandandosi chi diavolo potesse aver registrato quell’annuncio.
- L’IDENTIFICAZIONE DI QUESTO ANIMALE E’ MIR. RIPETO, MIR. MODELLO... - ricominciò la voce.
- Da quanto tempo va avanti così? - domandò Armand.
- Da almeno venti minuti - disse Natasha. - Hai un aspetto tremendo. Brutti sogni? -
- Sì... un incubo -
- Che cosa hai sognato? -
- Oh, non ricordo bene... - Ed era vero. Iniziava a sfumare il ricordo di Trafalgar Square che pullulava di turisti. - La Torre... un Guardiano che parlava di un treno che attraversa lande desolate. Non so... -
- I sogni spesso sono pieni di verità - asserì Marina.
- Sì, può essere. Ma non so interpretarlo al momento -
Rifecero tutti i bagagli, li legarono alle selle e montarono. Ripartirono quando il sole era già alto seguendo sempre il corso del fiume Whye. L’orso giaceva dove lo avevano lasciato, nella radura.
- ...IN FASE DI DISATTIVAZIONE... NON C’E PERICOLO... -
Oh, sì che c’è, si disse Armand. C’è sempre pericolo. Ovunque. Ora il pericolo è per le mie povere orecchie. E poi...
- Chi vi ha detto che quella che seguiamo è la strada giusta? E’ stato sempre quel vostro istruttore? - chiese Armand.
- Sì - rispose Marina. - Ma non è solo per quello che lo sappiamo -
Esther apparve un po’ sorpresa. - E da cosa, allora? -
- Guardate in basso -
Armand, Esther e anche Natasha ubbidirono.
- Quando vi dirò di alzare lo sguardo, fatelo subito. Non concentratevi su niente in particolare. Lasciate che gli occhi vedano ciò che vogliono. Così scoprirete il sentiero del Vettore. Siete pronti?... Guardate su -
Alzarono la testa. Lì per lì, Esther non vide niente. Solo il bosco. Poi all’improvviso era là e capì perché Marina aveva detto di non guardare nulla in particolare. Il sentiero del vettore sembrava essere ovunque. Indicavano da quella parte, cioè a est lungo il fiume, gli aghi dei pini per terra, i cespugli che crescevano leggermente inclinati, le ombre sul terreno e persino le nuvole in cielo. Le nuvole, in particolare, si muovevano in quella direzione.
- Dio Mio, è vero! Eccolo. - disse Armand, schermandosi gli occhi per guardare il cielo. - Anche le nuvole ubbidiscono -
- E’ l’energia della Torre che le spinge nella sua direzione - asserì Marina.
- Bene. Ma quanto è lontana? Voi lo sapete? - chiese Armand.
- Molte miglia... -
- Lontanissima, quindi -
- Sì. Ma ci arriveremo. Le cose cambieranno. Verrà il tempo in cui viaggeremo più veloci di quanto tu possa immaginare -
- Grazie alle porte? -
- Forse. Ormai la via è stata aperta. Noi siamo sulla strada. -
- Dis è sul sentiero del Vettore? -
- Ovviamente. -
Io sono il tredicesimo...
Blaine... Blaine il Mono. Il treno è Blaine il Mono.

Armand annuì con fare pensieroso. - Beh, allora come diceva mia madre Dio vedrà e provvederà. C’è pure un telefilm che si intitola Dio vede e provvede... -
- Come? - chiese Marina.
- Lascia perdere -
 
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view post Posted on 17/7/2010, 13:45
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CITAZIONE (Stephanie86 @ 17/7/2010, 10:56)
- Sì. Di certo - confermò Armand. - Uomini del mondo che è andato avanti. Ma molto avanti, oserei dire -

^_^
CITAZIONE (Stephanie86 @ 17/7/2010, 10:56)
- A ciascuno dei dodici portali, gli Antichi mandarono un guardiano. Da bambina ricordavo tutti i loro nomi. Ora no. Sicuramente uno di quelli era l’Orso. Non quello che abbiamo incontrato nella foresta. Quel Mir era solo una copia mal riuscita del vero guardiano. C’erano il Leone... la Tigre. Il Lupo... e la Tartaruga, cioè uno dei più importanti.

Io C vedrei bene anke l'Aquila...il Serpente...Qalcosa D acquatico,magari,come un Delfino o 1 Squalo... :rolleyes: il Cavallo...(avevo pensato l'Unicorno e poi il Grifone ma poi sn torn sugli animali da Regno Umano! ;) )
CITAZIONE (Stephanie86 @ 17/7/2010, 10:56)
- Beh, allora come diceva mia madre Dio vedrà e provvederà.

"Dio Vede e Provvede"!!! :sigh: :sigh: :sigh: :sigh:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 17/7/2010, 10:56)
C’è pure un telefilm che si intitola Dio vede e provvede... -

"ALLORA LO CONOSCI ANKE TU?!?!?!"by Jay :sigh: :sigh: :sigh: :sigh: :sigh:
 
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view post Posted on 17/7/2010, 13:50
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CITAZIONE
"ALLORA LO CONOSCI ANKE TU?!?!?!"by Jay :sigh: :sigh: :sigh: :sigh: :sigh:

;) ;)
Come dimenticarlo...che bei tempi... ^_^ con la mitica Finocchiaro..
 
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view post Posted on 17/7/2010, 13:55
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Sì!!! :B): E anke la simpaticissima Nadia Rinaldi :D e la dolcissima Cecilia Dazzi!!! :wub: E anke Maria Amelia Monti!!! :lol:
 
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view post Posted on 18/7/2010, 10:17
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Alcuni giorni dopo, attraversarono un luogo desolato, dove gli alberi erano per la maggior parte morti da tempo o erano stati sradicati. Sul terreno, era tracciato un sentiero, forse i resti di una strada abbandonata molto tempo prima. Era un luogo spettrale, silenzioso. E le tracce lasciate dal loro amico orso erano evidenti. C’erano orme enormi sul sentiero, resti di peli bruni accanto agli alberi, ossa di animali.
Fortunatamente non durò molto. Ben presto rientrarono nella foresta. Il sentiero continuava, anche se era in parte coperto da aghi di pino, foglie e rami. Cominciarono gradualmente a salire e quando Esther guardò dietro di sé vide che la foresta scendeva in una serie di piccoli gradini.
Ad un certo punto, Marina tirò le redini di Silver e si fermò. Valerio, sorpreso dal gesto, rischiò di finirle addosso con il suo destriero.
- Che diamine - protestò. - Non potresti avvertire? -
Marina si era fermata e scrutava nel groviglio di vegetazione alla sua sinistra.
- Che cosa c’è? - domandò Laura, seguendo lo sguardo di Marina.
- C’è un modo per scoprirlo - disse Marina. - Andiamo a vedere tutti assieme -
Mentre smontavano da cavallo, Esther cercò con lo sguardo nel bosco. Capì dopo un attimo che cosa aveva attirato l’attenzione di Marina. Una lastra grigia nascosta da edere rampicanti.
- E’ un segnale? - domandò Valerio, vedendo la lastra a sua volta.
- Sì. Datemi il coltello - rispose Marina.
Armand glielo passò. Marina tagliò tutti i rampicanti. Pian piano lettere scolpite nella pietra, lettere della Lingua Eccelsa, emersero dall’intrico di rampicanti.
PELLEGRINI, LAGGIU’ C’E’ IL FINE MONDO.
Regnò il silenzio per alcuni minuti.
- Che cosa significa? - chiese Esther, sfiorando le lettere con la punta delle dita.
- Che siamo vicini alla fine di questa fase. - L’espressione di Marina era solenne e misteriosa mentre ridava il coltello ad Armand. - Presto il bosco finirà -
- Quanto può essere lontana Dis a questo punto? - chiese Natasha.
- Non così tanto. E quando ci arriveremo dovremo stare in guardia. Ormai è una città in rovina. Forse disabitata, ma forse no. Nessuno lo sa con certezza -
Di nuovo silenzio. Qualcosa si mosse fra le piante e spostò i cespugli. I pistoleri estrassero le pistole istintivamente. Uno strano animale sbucò dall’ombra e guardò con i suoi occhi neri cerchiati d’oro il gruppo di Marina. La sua pelliccia era a strisce bianche e nere, un po’ spelacchiata. La lingua rosa penzolava fuori dalla bocca piena di dentini bianchi e appuntiti.
- Cos’è? - domandò Esther.
- Un bimbolo - rispose Marina.
- Imbolo! - disse la creatura ed indietreggiò di parecchi passi.
Esther trasalì, colta alla sprovvista. - Parla? -
- Non proprio. Ripete quello che sente. Erano anni che non ne sentivo uno parlare -
Un’altra di quelle creature sbucò da dietro i cespugli. Era grigio con delle macchie marroni, ma gli occhi erano gli stessi. Neri e cerchiati d’oro. Poi si ritirò nella boscaglia. L’altro bimbolo aprì la bocca, mostrò i denti e poi latrò. Infine si ritirò con il compagno. Forse appartenevano ad un branco.
- Una volta erano come i cani domestici. Non erano utilissimi, però tenevano alla larga i topi. E facevano divertire i bambini - spiegò Marina. - Sanno essere molto fedeli -
- E alcuni li mangiano pure - aggiunse Valerio.
- Valerio... - iniziò Laura.
- Scusate. Non ho detto che io me li mangerei. Ho detto che qualcuno sostiene che sono buoni da mangiare... -


Nel pomeriggio il cielo era coperto di nubi grigie. Il sole scomparve dietro di esse. A sud est, sulla linea dell’orizzonte scorsero il profilo di una città. Era distante ancora parecchie miglia, ma i contorni degli edifici, alti e sottili, probabilmente in rovina, erano visibili attraverso la nebbiolina grigia.
Dis. Non poteva che essere Dis. La città che conservava la sfera bianca.
Alla loro sinistra, si snodava l’ampio nastro del fiume Whye. Sul corso d’acqua volteggiavano stormi di uccelli, che spesso spiegavano le ali e si gettavano giù in picchiata per pescare.
C’erano delle costruzioni qui e là, davanti a loro. Piccole catapecchie diroccate o fattorie abbandonate. Alcune rase al suolo da qualche azione violenta. Nella prateria pascolavano animali dal pelo lungo, alcuni dei quali erano evidentemente mutanti, perché avevano strane gobbe sulla schiena, un occhio in più al centro della fronte oppure due teste anziché una.
- Mutanti, sì - osservò Marina.
- Laggiù? Ci saranno mutanti anche laggiù o... - cominciò Armand, indicando la città lontana.
Marina si strinse nelle spalle. - Non te lo so dire. -
- La gente di queste fattorie... - disse Esther. - Saranno scappati? Magari verso la città? -
- Può essere. Non ci sono corpi, almeno non sento odore di putrefazione o simile. Quindi o sono stati portati via o sono andati verso la città -
- Qualcuno è ancora in giro - disse Natasha, anche se sembrava che parlasse più a se stessa che ai compagni. - Siamo osservati. Lo sento -
- Lo so. Ma credo che ad osservarci non siano affatto gli ex abitanti di questo luogo - rispose Marina.
Natasha non rispose.
- Chi è? Di che cosa parlate? - domandò Esther, allarmata. Ma lo sapeva benissimo, in realtà. Non perché avesse percepito qualcosa, ma perché Natasha era una strega e le streghe percepiscono il potere della magia quando è vicino.
- La nostra amichetta è dietro di noi, vero? - osservò Valerio.
- Come fate a sapere che c’è? - chiese Armand.
- Il suo potere sta crescendo. Non è ancora al massimo, ma cresce - osservò Natasha.
Esther strinse di più le braccia intorno alla vita di Marina. Un gelo improvviso le invase le ossa. - Ma se è davvero dietro di noi, perché non ci ha ancora attaccati? -
- Non è ancora pronta a farlo - disse Marina. - Probabilmente lo farà solo quando avremo raggiunto la Torre -
- Quanto è vicina? - domandò Armand, toccando istintivamente la croce che pendeva sul petto.
- Non così vicina da poter sentire la nostra conversazione. Ma indubbiamente ci osserva. E non ci perderà, anche se dovessimo andare più veloci, perché avverte il potere delle sfere -
Come se volesse dire la sua a riguardo, uno delle sfere nelle sacche iniziò a ronzare.


Qualche ora più tardi, Marina ordinò di fermarsi e disse di stare pronti.
- Per cosa? - chiese Esther.
- Qualsiasi cosa -
Si erano fermati in un punto dove il sentiero che avevano trovato nel bosco giungeva in cima ad un dosso che correva in diagonale per la pianura. Sotto di loro la strada attraversava il primo insediamento umano che avessero visto dopo Calla Bryn Sturgis. A prima vista sembrava deserto, ma qualcosa diceva loro che non lo era. Il Whye poco più a est si intersecava con un altro fiume, il Siento.
Marina prese la pistola, la aprì e controllò che fosse carica. Poi la richiuse e la ripose nella fondina.
- Ascoltate - disse poi. - Se ci sono delle persone laggiù, saranno anche spaventate, perché da qui è passato qualcuno tempo fa. La maggior parte di loro saranno anziane, i giovani se ne saranno andati da molto o saranno stati portati via. Non credo che qui ci siano armi da fuoco, ma non fate mosse minacciose. Parlate solo se siete invitati a farlo -
- E se avessero delle lance? Oppure archi e frecce? - domandò Armand.
- Forse. Qualche pericolo c’è sempre. Ma non saremo noi a dare inizio alle ostilità -
Annuirono tutti.
- Potremmo girare al largo - osservò Natasha, guardando il gruppo di costruzioni in legno.
- No. Deviare ci costringerebbe ad allontanarci dal corso del fiume e quindi dal sentiero del Vettore. E’ una pessima idea. E potrebbe portarci ulteriori problemi -
Natasha annuì.
- Potrebbero anche non venire fuori vedendo le nostre pistole - disse Laura.
- Credo che vedranno che tipo di pistole sono. E capiranno. Soprattutto se sono molto anziani. -
Scesero dal dosso verso il villaggio.
Tre o quattro edifici dell’agglomerato erano stati bruciati. Il resto era intatto o quasi. Oltrepassarono una stalla per cavalli sulla sinistra, una casupola che forse era stata una rimessa o un magazzino, e si trovarono nel centro vero e proprio. Sui due lati della strada ci saranno state una decina di case malandate. Ogni tanto si apriva un vicolo da una parte o dall’altra. Da qualche parte cigolava un cardine arrugginito. Una volta, c’erano marciapiedi di legno, ma molte assi non c’erano più e lì in quei solchi cresceva l’erba. Le insegne erano scolorite. Una penzolava tristemente. C’era anche un piccolo saloon, con i battenti semi-scardinati all’ingresso.
- C’è gente? - bisbigliò Esther.
Marina annuì.
C’era una chiesa con un campanile sbilenco, una casa alta tre piani, un edificio con la scritta QUI SI MANGIA E SI BEVE. Un altro con la scritta OSTELLO. Marina alzò lo sguardo ad una delle finestre e scorse una faccia bianca che si nascondeva dietro la tendina. Assunsero un’andatura lenta.
All’incrocio due strade si allargavano dando origine ad una piazza invasa dalle erbacce. Lì le case erano ammassate l’una sull’altra, dai colori che una volta dovevano essere sgargianti, ma ora erano sbiaditi, desolati. Al centro della piazza c’era una roccia corrosa. Sopra un’insegna in legno posta su un palo arrugginito. C’era scritto qualcosa. Marina si avvicinò cautamente, smontò dal cavallo e si chinò per leggere l’insegna.

KOT
(CENTOSESSANTA RUOTE PER DIS)



- Ruote? - Armand era perplesso.
- Un’antica unità di misura -
- Come i chilometri, quindi -
- Già -
- Hai mai sentito nominare questo Kot? -
Marina scosse la testa. - No. -
- Io sì - intervenne Natasha. Tutti si girarono a guardarla. Era improvvisamente pallida, quasi trasparente. - La sfera blu me l’ha mostrato. Ci veniva... ci veniva mia madre... molto tempo fa. C’era un mercato da queste parti... il villaggio dove sono nata è poco lontano da qui -
Marina annuì comprensiva.
All’angolo sudovest della piazza, c’era un edificio in pietra, un cubo grigio e tozzo, con sbarre alle finestre. L’ufficio dello sceriffo forse con annessa prigione. Sulla parete qualcuno aveva disegnato un occhio. L’occhio di un falco.
- Eric. - osservò Valerio. - C’era da aspettarselo. -
- Questo posto mi da i brividi - disse Esther.
- Abbiamo compagnia - disse Marina, indicando l’edificio che poteva essere stato una prigione. Ne erano usciti un uomo e una donna.
- Sono più vecchi di Matusalemme, in effetti - osservò Armand. Lo fissarono con occhiate interrogative. - Lasciate perdere -
L’uomo indossava una tuta con pettorina e un cappello che assomigliava ad un sombrero. La donna che gli camminava al fianco indossava un lungo vestito di tela bianca e blu e gli serrava la mano sulla spalla cotta dal sole. Videro che le mancava un occhio, il destro. Al suo posto c’era un avvallamento di tessuto cicatrizzato.
- Sono... mercenari? O masnadieri? - domandò lei, confusa. - Ci ammazzeranno? -
- Taci, Lydia. - la rimbeccò il vecchio, scostandosi ciocche di capelli bianchi dalla fronte. - Hanno delle armi, ma sono armi pregiate. Non da masnadieri. E poi solo tre hanno le pistole, non vedi? Ti funziona male anche l’occhio buono? -
- Non abbiamo cattive intenzioni - disse Marina. Lo disse nella Lingua Antica, quella Eccelsa. Al suono di quelle parole gli occhi castani del vecchio si dilatarono per l’incredulità.
- E’ una pistola con il calcio in legno di sandalo... - mormorò la donna. - Siete pistoleri? -
L’uomo, che si presentò dicendo di chiamarsi San, si tolse il sombrero e se lo appoggiò sul petto. - Sì, Lydia. Pistoleri. Vedo le pistole. Tre di loro sono pistoleri - Sorrise, mettendo in mostra una fila di denti gialli. - Benvenuti! Benvenuti davvero... pistoleri... -
- Grazie del benvenuto - rispose Marina, abbandonando la Lingua Eccelsa. - Rimettiti pure il tuo copricapo. Non servono atti di cortesia -
Lui ubbidì e si calcò il sombrero sulla testa. - Sì, sì... pistoleri. Lo dicevo io, Lydia. Lo dicevo che non erano scomparsi -
Marina estrasse la sua pistola dalla fondina e la mostrò, tenendola per la canna. I due annuirono.
Altre persone stavano arrivando. Erano tutti vecchi e fra loro una donna avanzava aiutandosi con un bastone ritorto. Sembrava anche più vecchia dei due che avevano di fronte. I due uomini che le camminavano accanto erano gemelli identici, con i capelli bianchi lunghi fino alle spalle, il viso già coperto di rughe e gli occhi celesti.
La vecchia col bastone era certamente il capo. Giunse al cospetto di Marina e del suo gruppo. Fissò i nuovi arrivati con occhi verde smeraldo. Abbassò lo sguardo alle pistole nelle fondine. Sorrise. La bocca era quasi completamente sdentata. - Salute a voi! Ben arrivati - disse. Parlò nella Lingua Eccelsa. - Benvenuti a Kot. O a quel che di Kot rimane -
- Grazie. - rispose Marina, guardando i due uomini. Il resto del drappello era formato da persone sufficientemente avanti con gli anni, ma nessuno sembrava vecchio quanto quella donna.
- Il mio nome è Altea. Siete in missione? - chiese la vecchia.
- Sì - rispose Marina, ma senza aggiungere altro.
- Dove siete diretti? -
- A Dis -
Tutti indietreggiarono spaventati. La vecchia scosse la testa. - Mi dispiace sentirtelo dire. A Dis accadono brutte cose. Cose orribili. -
- Ne abbiamo affrontate molte, di cose orribili - disse pazientemente Marina. - Io mi chiamo Marina. Marina Ranieri. Veniamo dall’Entro Mondo -
- Certo, certo. La terra dei pistoleri. - annuì Altea. - E’ tanto che non vediamo pistoleri. Io mi ricordo gli ultimi che passarono di qui, ma è accaduto moltissimo tempo fa. I miei figli non se lo ricordano, e anche loro non sono così giovani - Indicò i due uomini gemelli. - Vorrete fermarvi e cenare con noi, pistoleri? Vi daremo ospitalità e tutto ciò che vi serve... non è forse vero? -
Gli altri annuirono.
- Volentieri resteremo, Altea. Non possiamo trattenerci a lungo, ma sì. Ceneremo con voi con molto piacere -
Altea sollevò il bastone in aria e si rivolse agli altri. - Guardate bene. La ruota del Ka ha ripreso a girare. I pistoleri esistono ancora quindi questo mondo ha una speranza. Ben vengano i pistoleri nel nostro povero villaggio. Accoglieteli come si vede. Se beccherò qualcuno di voi a comportarsi male, lo prenderò a bastonate. Sono stata chiara? -
 
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CITAZIONE (Stephanie86 @ 18/7/2010, 11:17)
- C’è un modo per scoprirlo - disse Marina. - Andiamo a vedere tutti assieme -

Mi ha fatto pensare a Simba nel Cimitero degli Elefanti...o.o
CITAZIONE (Stephanie86 @ 18/7/2010, 11:17)
L’espressione di Marina era solenne e misteriosa

:sigh: <-Io al cospetto D Marina
CITAZIONE (Stephanie86 @ 18/7/2010, 11:17)
- Chi è? Di che cosa parlate? - domandò Esther, allarmata. Ma lo sapeva benissimo, in realtà. Non perché avesse percepito qualcosa, ma perché Natasha era una strega e le streghe percepiscono il potere della magia quando è vicino.
- La nostra amichetta è dietro di noi, vero? - osservò Valerio.

Mphf...
CITAZIONE (Stephanie86 @ 18/7/2010, 11:17)
Come se volesse dire la sua a riguardo, una delle sfere nelle sacche iniziò a ronzare.

...
SPOILER (click to view)
Kissà Qale....Quella nera,magari?!Ke la"conosce"da + tempo?!... :ph34r:

CITAZIONE (Stephanie86 @ 18/7/2010, 11:17)

KOT
(CENTOSESSANTA RUOTE PER DIS)


KOT?!?!?!?!?!?!?! :o: Oh,mio dio!!!:-S
 
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La vecchia li guidò fino alla chiesa con il campanile sbilenco. Non aveva un nome e sulla facciata piena di crepe c’era una scritta: MORTE A DIS.
Era incredibilmente simile alle chiese cristiane, anche se non c’erano croci a quattro bracci ne affreschi di nessun tipo. Armand, comunque, si segnò prima di seguire gli altri. La vecchia li precedette nel passaggio centrale, fra vecchi inginocchiatoi malandati o rovesciati. Scese una rampa di scale ed entrò in una cucina. Una cucina intatta, tanto che Esther ne fu sconcertata. Lì tutto era in rovina, a parte quel luogo. Il pavimento in legno sembrava nuovo, la stufa che occupava un angolo intero funzionava a dovere. Tutto era pulito e in ordine.
Due anziane donne del drappello si misero subito al lavoro. Una aprì la stufa e gettò dentro della legna per ravvivare la fiamma. L’altra scese in cantina per una scala stretta. Altea, intanto, condusse i forestieri su un ampio vestibolo sul lato posteriore esterno della chiesa. Puntò il bastone e ordinò a due gemelli di prendere tavoli e sedie. Loro corsero subito a prenderli.
- Vi diamo una mano anche noi - disse Valerio.
- Non se ne parla. Saremo anche vecchi, ma siamo ancora in forze. Fidatevi - disse Altea
- Lasciateli fare - disse Marina.
Passarono da una porta bassa e giunsero nel giardino sul retro. Invece di un comune prato, videro un giardino ricco di aiuole gonfie di fiori.
- Questo è l’unico posto che conserviamo com’era ai vecchi tempi. - spiegò San. - E lo teniamo nascosto alla gente di passaggio. Masnadieri, per lo più, o nomadi. -
Una vecchia con una gamba di legno sorrise. - Ormai non si vedono più nemmeno i masnadieri. Vanno direttamente a Dis senza passare per il villaggio -
I gemelli disposero i tavoli. Uno di loro sembrava contrito. - E’ in arrivo una bella tempesta per stanotte -
- Ho visto - rispose Altea. - Forse conviene che voi stranieri vi fermiate qui per stanotte. Non credo che la tempesta vi permetterà di proseguire -
Marina annuì.
Uscirono le donne armate di vassoi di bicchieri. Erano spaiati ma lindi come cristallo pregiato. Vi versarono dell’acqua e, in alcuni, un liquido rosato.
- E’ spremuta di mirtilli. E’ ottima - spiegò Altea. Sollevò un bicchiere di quel liquido e sorrise. Tutti la imitarono.
Altri abitanti del villaggio, altrettanto anziani, si unirono alla congrega, prendendo posto ai tavoli. Poi le donne servirono la cena.
Esther la giudicò come la cena migliore che avesse mai gustato da quando avevano lasciato Calla Bryn Sturgis. La grande varietà di vivande, specialmente dopo che per tre settimane non avevano mangiato altro che carne di cervo o di lepre e quei pochi vegetali non giudicati pericolosi, contribuì al piacere che provò mangiando. C’erano pezzi di carne di bisonte in un sugo scuro saporito, gallette appena sfornate, insalatiere ricolme di foglie di insalata grosse e di un verde vivo. Le vecchie e i due gemelli portarono via i piatti e tornarono con fette di dolce su piatti bianchi. Una torta farcita di marmellata di mele.
Alla fine, Altea si sporse verso Marina e le sussurrò qualcosa all’orecchio. Poi si rivolse ai due figli.
- Ted e Nils. Venite e sedetevi. Rimanete con noi. Dobbiamo tenere un piccolo conciliabolo - disse la vecchia.
I due gemelli si sedettero, mentre gli altri sfilarono vicino ai viaggiatori, guardandoli e salutandoli con il dovuto rispetto. Lydia gettò le braccia al collo di Valerio e toccò il calcio di sandalo della pistola.
- Gli dei veglino su di voi e sulla vostra missione - disse Lydia.
- Contegno, per favore - disse Altea, lievemente imbarazzata.
Valerio sorrise, imbarazzato a sua volta. Lydia seguì suo marito San e scomparve nel vestibolo.
- Vedo che fai conquiste. - lo prese in giro Laura.
I presenti ridacchiarono.
- Chi le ha strappato l’occhio? - domandò Marina.
- Masnadieri. Almeno... dieci anni fa. Con il ferro rovente - disse Altea.
- E tu quanti anni hai? - domandò Esther.
- L’ho scordato. Ricordo benissimo che è stato celebrato il mio ottantesimo compleanno quando Lydia aveva ancora l’occhio - Fissò i viaggiatori e parve studiarli qualche istante. Il suo sguardo si fermò prima su Natasha e poi su Armand. - Tu, ragazza. Sembri di queste parti. Il tuo aspetto... è simile a quello di molte altre persone che hanno abitato in questa zona. Potrei sbagliarmi ma... -
- No, è così. Sono nata ad Arad - rispose Natasha.
- Arad! - esclamò la vecchia. - Arad, ma certo. Ora Arad è come questo villaggio. Niente di più che un luogo in stato di abbandono. Hai fatto benissimo ad andartene. -
Natasha non disse niente.
- E tu... non sembri proprio di queste parti... e neanche dell’Entro Mondo - disse la vecchia ad Armand. - Il tuo accento, poi... da dove vieni? -
- Da molto lontano - si limitò a rispondere lui.
- E quando tornerai indietro? -
- Mai, presumo -
- Gli dei ti aiutino allora, perché questo mondo sta andando in malora, ormai. -
Esther rabbrividì e si portò una mano al petto come se un’oppressione improvvisa le impedisse di respirare.
- Esther, stai bene? - domandò Marina, appoggiandole la mano sul viso.
- Sì, sì. Benissimo. - rispose lei. E le sorrise.
- Che cosa sai della città che c’è laggiù? Quella... Dis? - domandò Laura.
Altea trasse un profondo respiro. - Non ne so molto. So che è un posto molto brutto. Pieno di cose orribili. Ci sono persone, credo... ma non so se... se siano persone normali. Ci sono masnadieri, quello sì. Pericolosi masnadieri. E banditi. Non potete passarci intorno? E’ proprio necessario andare là? -
- Sì - rispose Marina.
Altea impallidì. - Certo. Già. Immaginavo. - Si massaggiò una tempia.
Io sono il tredicesimo.
Il treno. Il treno è Blaine il Mono.

- Sai niente di treni? - chiese, improvvisamente, Armand.
Ted e Nils si scambiarono un’occhiata imbarazzata. Altea alzò un sopracciglio. - Di che cosa parli? Di Blaine, magari? -
- Sì, Blaine! - esclamò Armand. Marina lo studiò con attenzione.
- Come sai di Blaine? - chiese Altea.
- Non so... Un sogno. Un sogno che ho fatto - disse Armand.
- I sogni sono pieni di verità... - disse la vecchia. - Sempre. -
- Dobbiamo occuparcene noi - disse Marina. - Non credo sia il caso di parlarne, adesso - Esther le prese la mano e Marina gliela strinse. - Parlaci di Dis. Diteci tutto ciò che sapete -
Furono Ted e Nils a parlare. E sapevano davvero poco. Conoscevano a memoria la storia del loro villaggio, che quindici anni prima era stato attaccato da Eric il Bandito. Kot era situato fra Arad e Dis, sulle rive del fiume Siento che lì si incrociava con il Whye. La città con le torri alte e le guglie, cioè Dis, era sempre stata lì. A costruirla erano stati forse gli Antichi. Una volta sarà anche stata abitata da gente comune, ma quei tempi erano morti e sepolti. L’unica cosa che sentivano ogni tanto era il suono dei tamburi. In più vedevano delle luci, che si accendevano e si spegnevano. C’erano forse macchine strane, in città. Costruite per scopi pericolosi. E magari laggiù c’era ancora qualcuno che sapeva farle funzionare.
- C’è un ponte, che conduce alla città - disse Ted. - Ma non so se è ancora praticabile. -
- Che tipo di ponte? - domandò Marina.
- Una costruzione con cavi d’acciaio. Si alza nel cielo come una tela di ragno enorme - spiegò Nils.
- Opera di qualche demonio - aggiunse Altea.
Le ostilità a Dis erano scoppiate fra masnadieri e gruppi di banditi. Ancora oggi non si erano sedate del tutto. Spesso, individualmente o a due a due, briganti e masnadieri scaltri e abili attraversavano quel ponte pericolante e se riuscivano ad arrivare all’altra parte venivano lasciati passare. Però chi ci arrivava, poi non poteva più andarsene. Non glielo permettevano. O fingevano di lasciarlo andare per poi ucciderlo. -
- Se arrivate là - disse Altea. - Alcuni di voi potrebbero essere tenuti in buon conto. I pistoleri no, verrebbero uccisi. Siete persone fuori dal loro tempo e dal loro spazio. La giovane strega... potrebbe servire, ma verrebbe istruita per far sì che si scordi certe cose e ne ricordi altre. Verrebbe... plagiata forse. Tu... - Indicò Armand. - Beh, tu... potrebbero prenderti, ma ti trasformerebbero in uno schiavo. Dovresti fare tutto quello che loro ti dicono per sopravvivere. Ti terranno perché vedranno il tuo fisico forte. Mentre la ragazza... - Guardò Esther. - Se la passerebbero ad uno ad uno. -
Prima che Esther potesse rispondere, Armand intervenne. - Chi è Blaine il Mono? -
Marina lo fissò ancora. Armand non la guardò, ma continuò ad osservare i vecchi presenti.
- Un treno - rispose Ted. - Un vecchio treno, ormai. Un Monorotaia -
- Funziona? - chiese Valerio.
- No. E’ da un bel po’ di tempo che non si fa più sentire e non si vede. Noi lo sentivamo, prima di vederlo, un rumore cupo simile a quello di un temporale in arrivo. Poi sbucava, lungo cinque o sei carrozze, tutto blu. Aveva il muso come uno dei proiettili delle vostre pistole. Ed era velocissimo -
- Senza conducente - precisò Nils. - Un treno senza conducente. Posseduto, forse -
- Da dove veniva? - chiese Marina.
- Da ovest. Più o meno da dove siete venuti voi. Ma c’è n’è un altro di Blaine. Un treno simile a quello che parte da Dis. Usciva dalla città. E forse quello funziona ancora. -
- Letamate! - esclamò Ted. - Non c’è niente che esce dalla città dall’altra parte. Vuol dire addentrarsi nelle terre desolate. E nessuno ci può vivere -
- Un treno, però, ci può andare - obiettò Altea. - E’ una macchina. -
- Non abbiamo mai sentito il rumore di un treno che usciva dalla città... -
- Perché esce dall’altra parte. Passa sotto la galleria ed entra nelle terre desolate - lo informò Nils.
- Fandonie. Secondo me non c’è nessun altro treno. -
- E’ più veloce del suono - continuò Nils, imperterrito.
- Altre letamate! -
Armand ascoltava appena questo scambio di galanterie rurali, poiché stava ripensando al suo sogno. Al Guardiano della Torre che parlava di un treno di nome Blaine il Mono. Un treno che avrebbe potuto portarli lontano e velocemente.
- Ti credo - disse Marina a Ted. Contemplò in silenzio i presenti, riflettendo.
Blaine il Mono, pensò Armand. Le Terre Desolate. E rabbrividì.
 
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CITAZIONE (Stephanie86 @ 19/7/2010, 11:43)
- Se arrivate là - disse Altea. - Alcuni di voi potrebbero essere tenuti in buon conto. I pistoleri no, verrebbero uccisi. Siete persone fuori dal loro tempo e dal loro spazio. La giovane strega... potrebbe servire, ma verrebbe istruita per far sì che si scordi certe cose e ne ricordi altre. Verrebbe... plagiata forse. Tu... - Indicò Armand. - Beh, tu... potrebbero prenderti, ma ti trasformerebbero in uno schiavo. Dovresti fare tutto quello che loro ti dicono per sopravvivere. Ti terranno perché vedranno il tuo fisico forte. Mentre la ragazza... - Guardò Esther. - Se la passerebbero ad uno ad uno. -

:angry1: :angry1: :angry1: :angry1: :sta-attento: :sta-attento: :sta-attento: :sta-attento:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 19/7/2010, 11:43)
- Ti credo - disse Marina a Ted.

Quindi Marina crede ke C sia un solo Blaine.... :huh:
 
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CITAZIONE
Quindi Marina crede ke C sia un solo Blaine.... :huh:

No. Ho sbagliato a scrivere...mi riferivo a Nils, non a Ted -_-
 
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"Ah.Ecco."by Ryuk -_-
 
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La mattina seguente, Esther venne svegliata, quando il sole era sorto da poco, dalla vecchia e consunta imposta che sbatteva contro la finestra della piccola stanza dove Altea le aveva ospitate. Vide i raggi del sole illuminare il pavimento in legno altrettanto consunto dal tempo e il pulviscolo che si sollevava, danzando nell’aria. Durante la notte c’era stato un bel temporale, ma ora il cielo era limpido.
Ma fu anche qualcos’altro a svegliarla. La piacevole sensazione di un corpo caldo che stringeva il suo. La sensazione della pelle nuda contro la sua. Le labbra di Marina le baciavano il viso e le labbra. Esther le dischiuse e si unirono in un bacio lungo, staccandosi solo quando non avevano più fiato per continuare.
- Non volevo svegliarti - le disse Marina, in un orecchio. - Ma sai che adoro guardarti dormire. Soprattutto dopo che abbiamo fatto l’amore -
Esther sorrise e lasciò scivolare una mano sul suo collo.
- Ti sei agitata un po’. Hai avuto un incubo? - le domandò Marina.
In realtà Esther ricordava solo una serie di sogni confusi. Altea che raccontava di Blaine il Mono, il rumore di un treno che correva velocissimo in mezzo a lande desolate, orribili taheen con la testa di Lupo armati di spade avvelenate, suo padre, sua madre, Lud.
Sorrise a Marina. - Non era niente -
Lei non sembrava così convinta, ma comunque sorrise.
- Ti amo - le disse Esther.
- Anch’io, Esther... - Si chinò e la baciò ancora.


Un’ora dopo erano di nuovo nella piazza di Kot, desolata come le terre che attraversava un treno di nome Blaine. Alla cena in loro onore in quel piccolo angolo di paradiso dietro la chiesa, non erano intervenuti tutti gli anziani del villaggio, perché ad attenderli c’erano una decina di persone in più. Era chiaro che avevano voluto vedere i pistoleri. I loro occhi erano sgranati per la meraviglia e si posavano sempre sulle pistole con il calcio in legno di sandalo.
Gli abitanti vennero avanti in fila, strinsero le mani degli stranieri e augurarono loro buona fortuna. Lydia li abbracciò tutti, con lo stesso calore. Suo marito San le disse di contenersi. Altea fu l’ultima e stava quasi per inchinarsi davanti ai tre pistoleri, ma Marina la prese per le spalle.
- No. Non devi - disse. - Ci avete ospitati e ci avete accolti con cordialità. Va bene così -
- D’accordo - rispose Altea. - Ripasserete da queste parti, un giorno? -
- Forse. Chi può dirlo -
- Siete ancora decisi ad attraversare quella città? -
- Sì -
- Già... - Altea sorrise. - Andate, dunque -
Per un attimo Armand temette che stesse per pronunciare quella frase che aveva udito nel suo sogno: Vai dunque, ci sono altri mondi oltre a questo. Invece la vecchia non disse più nulla.
- Pronti? - domandò Marina agli altri.
Annuirono tutti.
- Allora possiamo andare -
Percorsero l’ultimo tratto di strada del borgo in sella ai loro cavalli, al passo. Mentre oltrepassavano l’ultimo edificio, Esther si girò a guardare i vecchi abitanti di Kot, ancora tutti riuniti nella piazza, mesto rimasuglio di umanità in quella terra vasta e vuota. Levò una mano in segno di saluto e loro risposero. Sentì le lacrime salirle agli occhi, ma si trattenne.
- Sono così vecchi... e soprattutto soli... - mormorò.
- Sì, è vero - rispose Marina.
Non si voltò più. Aveva paura che fossero ancora tutti lì ad aspettare che loro scomparissero in lontananza. Ed era così, in effetti.


Dato che erano nei pressi di una città che poteva portare solo problemi, quella notte decisero di fare dei turni di guardia. Il primo fu Armand, ma mentre lui si accomodava su una roccia che sporgeva dal terreno, a sud est udirono il pulsare ritmico di una serie di tamburi. Esther si drizzò a sedere.
- Che cos’è? - domandò.
- Viene da Dis - rispose, semplicemente, Marina.
Ascoltarono senza parlare.
Bump, ba-bump! Bump, ba-bump!
- Sembrano dei bonghi - osservò Armand.
- Che cosa? - Valerio lo fissò, perplesso.
- Tamburi, se vogliamo generalizzare. Ma il suono è quello tipico dei bonghi africani. Si usano per danze, feste o riti -
- C’è qualche rito in corso, quindi? - domandò Laura.
- Forse -
Bump, ba-bump! Bump bump!
- E’ meglio che ci mettiamo a dormire - disse Marina. - Il sole sorge di buon ora. -
- Non so se riuscirò a dormire con quella fesseria nei timpani - grugnì Valerio, mentre si coricava.
Nonostante questa osservazione, alcuni minuti dopo dormiva profondamente vicino a Laura e così anche gli altri. Armand, che invece non poteva dormire, non ancora almeno, stringeva una di quelle pistole con il calcio in legno di sandalo, un po’ a disagio, scrutava le stelle e le costellazioni che non conosceva e ascoltava il ritmico pulsare che proveniva da quella città fantasma. Forse gli abitanti di Dis stavano danzando indiavolati al ritmo dei tamburi o si preparavano a qualche orrendo sacrificio agli dei, caricandosi grazie al suono del bongo. Pensò a Blaine il Mono, un treno che attraversava le lande desolate di quel mondo, correndo come un dannato.
Più tardi, quando toccò a Marina montare di guardia, lui si addormentò e lo sognò. Un lungo treno tutto blu, con il muso a forma di proiettile, che sfrecciava oltrepassando il muro del suono.


Verso mezzogiorno arrivarono in cima ad un altro dosso e videro il ponte di cui avevano parlato Ted, Nils e Altea.
La sua forma si stemperava nella distanza. Marina contò quattro torri metalliche di altezza indicibile, due alle estremità del ponte e due lungo di esso ad intervalli regolari. Fra le torri, scendevano in lunghi archi, cavi giganteschi. Man mano che si avvicinavano era possibile notare che non era affatto in buono stato.
- Presto quel bel ponticello finirà nelle acque del fiume - osservò Valerio.
- Forse. Tra qualche tempo. Ma non mi sembra poi messo così male - disse Natasha.
- Non facciamoci troppe illusioni - suggerì Marina.
- Ammetto che non è uno splendore. - disse Armand. - Immagino che siano molti anni che nessuno pensa ad un eventuale controllo o alla manutenzione, ma comunque è ancora lì. Possiamo sempre sperare che ci sia utile -
- Sperare non costa niente, in effetti. Ma ritengo comunque che non dovremmo farci illusioni - C’era benevolenza nella voce di Marina. - Inoltre, ora dobbiamo fermarci. Abbiamo molto di cui discutere prima di addentrarci in quella città -


Prima di incontrare dei veri pistoleri, Armand aveva sempre pensato a loro non tanto in base alle leggende che circolavano, ma ripensando ad alcuni film western che lui aveva visto nel suo mondo. Gli Spietati, per esempio, quello con Clint Eastwood che interpretava un pistolero; Balla coi Lupi, con Kevin Costner. Quando poi li aveva incontrati, aveva capito al volo che erano molto più di questo. Molto più di persone a cavallo armati di pistole, con un loro senso della giustizia, il cappello in testa e gli stivali con gli speroni d’argento. I pistoleri erano diplomatici, mediatori, a volte pure insegnanti. E giustizieri. Erano soldati, a loro modo. Erano anche cavalieri erranti. Erano... in particolar modo Marina, anche carismatici, con uno spirito romantico che celavano più che bene. Astuti. E naturalmente anche mostri di mendacia, cosa che aveva capito quando Marina aveva parlato dei Lupi davanti a tutto il folken di Calla Bryn Sturgis. E tutto ciò giustificava il tentativo di Altea di inginocchiarsi nella polvere.
Sorrise fra sé e sé.
- Qualcosa di buffo? - chiese Marina, seduta a gambe incrociate vicino a lui.
- Mah. Sì. Dimmi una cosa, quante lingue parlate voi pistoleri? -
- Direi cinque - rispose Marina, dopo una breve riflessione. - Contando anche la Lingua Eccelsa -
- Io rettifico. Quattro - disse Valerio. - I dialetti selliani li ho scordati. A parte le imprecazioni - E sorrise.
Vi fu un lungo attimo di silenzio.
- Noi siamo un Ka-Tet, cioè un gruppo unito dal destino. - Marina lasciò scivolare una mano in quella di Esther, che le sedeva accanto. - I filosofi della mia terra dicono che un Ka-Tet può essere spezzato solo dal tradimento o dalla morte. Ma Ben, il mio istruttore, diceva che anche la morte e il tradimento fanno parte della ruota del Ka, quindi un legame come questo difficilmente può essere spezzato. Non so se abbia ragione, ma mi piace pensare che sia vero. -
Le finestre delle alte torri di Dis riflettevano i raggi del sole. I tamburi tacevano.
- Laggiù c’è una città. Non conosco i suoi abitanti, poiché non ho mai sentito parlare di Dis, a parte in qualche storia che risale a molto tempo fa. Ma è là che si trova la sfera bianca. Ne abbiamo bisogno, perché come le altre due appartiene alla Torre -
Armand, con un brivido, pensò al Guardiano che gli aveva parlato nel sogno.
- Qual è il potere della sfera bianca? - domandò Natasha.
- Mantiene l’equilibrio delle altre due, le controlla. Forse vede. Molto lontano, proprio come quella nera e quella blu. Ma credo che la sfera bianca veda qualsiasi cosa e chiunque, in qualsiasi mondo, in qualsiasi momento -
- La più potente, quindi - osservò Esther.
- Sì, la più potente -
Silenzio.
- Possiamo uscire da quella città con la sfera. Ma dovremo farlo attraverso Blaine il Mono. Perché è attraverso le terre desolate che potremmo arrivare per lo meno ai confini del Fine Mondo. O più in là, chi può dirlo. Ciò significa che dobbiamo rimandare indietro i cavalli e proseguire a piedi -
- Sapranno tornare indietro? - chiese Esther.
- Sì. Li guiderà Silver. Andranno veloci e nessuno li prenderà. -
- A Laos crederanno che sia successo qualcosa di serio - disse Natasha.
- Lascerò loro un messaggio, nascosto nella sella. Confido che Ben o mio padre lo trovino -
Esther si chiedeva soprattutto che cosa avrebbe detto una come Teresa quando avrebbe visto i cavalli che tornavano senza cavalieri. E sellati per giunta.
- Torniamo a Blaine. Ho sentito delle storie su di lui. A Kot non era la prima volta che udivo questo nome. Blaine il Mono. Non so se le storie si riferissero a quello che non funziona più o all’altro. - disse Marina. - Ma di sicuro il comportamento di quello che funziona ancora sarà identico -
- Blaine è un malandrino - aggiunse Valerio.
- Perché? - chiese Armand. - Perché è posseduto? -
- No. - rispose Marina. - Perché non ti permette di prendere posto finché non risolvi qualche indovinello che lui ti propone. O finché i passeggeri non gliene propongono a loro volta -
- Voi ne conoscete molti, di indovinelli? -
- Abbastanza -
- Molto spesso, nelle sere d’inverno o durante le Messi, si tenevano gare di indovinelli nella piazza principale - spiegò Laura. - Di solito giocavano tutti, perché gli indovinelli erano una cosa molto seria. Il padre di Marina ha vinto molte volte, ma anche Ben. Ne sapevano più di quanti ne avessimo saputi noi tre tutti insieme, e dopo la gara del giorno di sagra erano sempre o Ben o Alberto a portarsi a casa l’oca in palio -
- Gli indovinelli hanno un grande fascino - continuò Valerio. - Tutti ne conoscono qualcuno. Per esempio, perché all’alba son piumose le contadine? - E rise.
- Questa è una sciocchezza, Valerio - lo rimproverò Laura.
- Perché vanno a letto con le galline, ovviamente - rispose Armand. - Lo conosco anch’io. Ed è una sciocchezza perché è molto semplice -
Esther e Natasha sorridevano, nonostante fosse un’idiozia.
Marina non rise. - Sì, è una sciocchezza. Ma non perché è semplice. -
- Ah, spero che tu voglia perdonarmi - Valerio sorrideva ancora. - L’ho detto solo per scherzare un po’. -
- Lo so. Ma è comunque sciocco, perché non ha senso. Si basa su una falsità. Non è vero che le contadine sono piene di piume la mattina. Un buon indovinello non si basa su simili espedienti -
- D’accordo, scusa - brontolò Valerio. - Era un esempio. Lo so anch’io come funziona -
- Quello degli indovinelli è il gioco più antico in cui ci si cimenti ancora oggi - disse Laura. - Una volta c’era chi perdeva la vita, per gli indovinelli -
- Sì, l’ho visto accadere - asserì Marina. - In ogni caso, Blaine adora gli indovinelli, o così dicono le storie che si raccontano su di lui. Qualsiasi Blaine li adora. -
- Quindi immagino che dovremo proporgliene qualcuno. - disse Valerio.
- Suppongo di sì. O sarà lui a proporli a noi -
- E se non sapremo risolverli, finiremo male. E’ così? - disse Valerio.
Nessuno rispose. Ma sì, sapevano tutti che era così.
- Ho un’altra domanda - disse Marina. - Natasha, riesci ancora a sentirla, vero? -
Anche in questo caso, non c’era bisogno di chiedere di chi stesse parlando.
- Sì. - rispose Natasha. - Non è così vicina, ma la sento -
Istintivamente, Esther si avvicinò di più a Marina. Il suo cuore batteva incredibilmente forte.
- Niente magia quando saremo nei pressi della città. E’ meglio non far capire quanto sei forte. Forse lo capiranno comunque, ma è meglio non usarla -
Natasha annuì.
- Ci seguirà in città? - domandò Valerio.
- Non lo so. Non so prevedere le sue decisioni - disse Marina.
- Se riusciamo a salire su quel dannato treno, forse la distanzieremo. - osservò Laura.
- Non contateci troppo. Troverà un modo per non perdere le nostre tracce -


Reis non avrebbe mai perso le tracce dei pistoleri. Non intendeva perderle per nessun motivo. Nel punto in cui si trovava, riusciva a vedere il profilo della città avvolta dalle tenebre. Delle torri alte, alcune delle quali a punta.
Dis. La sfera bianca è là.
Molto debole, sentiva giungere da lontano il lamento di un vitello.
Reis non aveva attraversato Kot, ci aveva girato intorno. Era stata tentata di radere al suolo anche le poche case rimaste in piedi e di sterminare gli abitanti ormai vecchi e stanchi. Ma l’aveva considerato uno spreco di energie, quindi aveva raggirato la zona. Era uscita dal sentiero del vettore, ma lei conosceva il trucco e l’aveva ritrovato in breve tempo.
Il potere delle sfere sembrava crescere a mano a mano che i pistoleri si avvicinavano a quella città. Forse sentivano l’ultima sfera, quella bianca.
Li ammazzerò tutti. E dopo mi prenderò quelle sfere dannate.
Già. Ma non ora. Non subito. Sarebbe stato molto più bello acchiapparli quando sarebbero stati vicini alla meta.
La prima sarai tu, mia cara Marina Ranieri. Ti strapperò il cuore dal petto per darlo in pasto alle bestie. Contaci.
Ricominciò il rullio dei tamburi in città. Non fu un crescendo. Un attimo prima c’era silenzio, poi tutto ad un tratto i tamburi erano a tutto volume.
Bump, ba-bump... bump, ba-bump...
Qualunque cosa stessero combinando i briganti di quella città dimenticata dagli dei era davvero fastidioso.
Anzi, no. Meglio ancora. Ucciderò prima quella puttanella della sua amante. Ma certo. La ucciderò così sarà più facile poi uccidere la dihn. Oh, sì. Bene.
Reis, nel buio, sghignazzò.
 
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view post Posted on 20/7/2010, 21:01
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Marina x Esther... :amore: :amore: :amore: :amore: :amore:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 20/7/2010, 19:20)
Erano... in particolar modo Marina, anche carismatici, con uno spirito romantico che celavano più che bene.

:B): + :rosa:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 20/7/2010, 19:20)
Sorrise fra sé e sé.
- Qualcosa di buffo? - chiese Marina, seduta a gambe incrociate vicino a lui.
- Mah. Sì. Dimmi una cosa, quante lingue parlate voi pistoleri? -
- Direi cinque - rispose Marina, dopo una breve riflessione. - Contando anche la Lingua Eccelsa -
- Io rettifico. Quattro - disse Valerio. - I dialetti selliani li ho scordati. A parte le imprecazioni - E sorrise.

^_^ Cmq...caspita!!! :o:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 20/7/2010, 19:20)
Vi fu un lungo attimo di silenzio.
- Noi siamo un Ka-Tet, cioè un gruppo unito dal destino. - Marina lasciò scivolare una mano in quella di Esther, che le sedeva accanto. - I filosofi della mia terra dicono che un Ka-Tet può essere spezzato solo dal tradimento o dalla morte. Ma Ben, il mio istruttore, diceva che anche la morte e il tradimento fanno parte della ruota del Ka, quindi un legame come questo difficilmente può essere spezzato. Non so se abbia ragione, ma mi piace pensare che sia vero. -

:)

Quando Marina si è irritata tanto x la cazzata sparata da Valerio sn stat combattut....Da una parte mi rendo conto ke era una battuta e ke QinD forse nn c'era motivo D prendersela tanto,ma dall'altra io proprio Valerio nn lo sopporto:nn riesco a farmi stare simpatica una sola cosa ke dice QinD alla fine sn d'accordo cn Marina!!! :angry:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 20/7/2010, 19:20)
- Una volta c’era chi perdeva la vita, per gli indovinelli -

Mi viene in mente la Sfinge x es.... :rolleyes:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 20/7/2010, 19:20)
Reis non aveva attraversato Kot, ci aveva girato intorno.

Ah,ecco... :shifty: !!!
CITAZIONE (Stephanie86 @ 20/7/2010, 19:20)
La prima sarai tu, mia cara Marina Ranieri. Ti strapperò il cuore dal petto per darlo in pasto alle bestie. Contaci.

Anzi, no. Meglio ancora. Ucciderò prima quella puttanella della sua amante. Ma certo. La ucciderò così sarà più facile poi uccidere la dihn. Oh, sì. Bene.
Reis, nel buio, sghignazzò.

Quanto mi 6 mancata,Reis!!! :sweat: Cmq nn C contare troppo...se ammazzi Esther Marina potrebbe anke infuriarsi e farti un culo TRIPLO rispetto a Qello ke T avrebbe fatto se l'avessi affrontata x 1a!!! :sta-attento: :sta-attento: :sta-attento:
 
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view post Posted on 21/7/2010, 14:21
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Per almeno due giorni non accadde niente. Videro il ponte e la città che si avvicinavano sempre di più. Si accampavano. Giocavano agli indovinelli. Montavano la guardia a turno.
Poi il terzo giorno, poco prima dell’alba, Marina si svegliò perché Esther la stava scuotendo. Laura e Valerio dormivano ancora saporitamente, così come Armand e Natasha.
- Che cosa c’è? - domandò Marina, sottovoce, drizzandosi a sedere.
- Non so. Sento... delle urla. Dalla città -
Marina si alzò e seguì Esther sulla strada. Il ponte, costruito sul sentiero del vettore, dominava l’orizzonte. Ora l’inclinazione era più evidente e potevano vedere che alcuni cavi erano già saltati.
- E’ una battaglia? - domandò Esther.
Udirono grida ovattate in lontananza, il rullio incessante dei tamburi, qualcosa di grosso che si schiantava. Poi un rumore di vetri infranti.
- Sì, un combattimento forse - mormorò Marina.
Infine giunsero i rumori che Marina non avrebbe mai voluto udire. Una serie di colpi d’arma da fuoco, seguito da un botto sordo che poteva essere solo un’esplosione. Le grida, i colpi e gli schianti vennero attutiti dal battere costante dei tamburi, che Armand chiamava bonghi. E quando il rullio cessò, la città era di nuovo dominata dal silenzio. Solo che era un silenzio pesante, inquietante. Il silenzio dell’attesa.
Esther le mise una mano sul braccio. - Combattono fra loro? -
Marina si voltò verso di lei. - Sì. -
- Non c’è un altro modo per arrivare alla sfera bianca, vero? -
- No. Temo di no. - Guardò di nuovo la città. - Probabilmente non hanno solo armi da fuoco, ma anche altre armi più potenti. E’ una sfortuna. Dovremo essere maledettamente prudenti. -
- E dopo quella città? - chiese Esther.
- Le terre desolate. E non possiamo attraversarle senza Blaine. Senza di lui non avremmo scampo. Le terre desolate sono veleno -
Esther rimase in silenzio. Dalla città non giungeva più alcun suono. Era sicura che non sarebbe più riuscita a prendere sonno.
Marina la prese per mano. - Vieni. Riposiamoci ancora un po’. -
Si sdraiarono l’una accanto all’altra. Marina le mise un braccio intorno alla vita e si chinò per darle un bacio sulle labbra.
- Amore mio... - le sussurrò in un orecchio. Esther sorrise e subito dopo sentì le sue labbra sul collo. Chiuse gli occhi, abbandonandosi a quella sensazione meravigliosa. - Ti amo... ti amo con tutta me stessa -
- Ti amo anch’io - le disse Esther.


Quel giorno incontrarono un’altra strada che confluiva con il sentiero del vettore. Da lì in avanti, la strada, più larga e divisa al centro da un muricciolo mediano di pietra, iniziava a sprofondare e i terrapieni di cemento su entrambi i lati davano una sensazione di claustrofobia.
- Qui dobbiamo abbandonare i cavalli. Torneranno indietro. Il messaggio è già nella sella - disse Marina. Silver mosse la testa come se stesse cercando di annuire. E forse era così. Marina accarezzò la criniera grigia del destriero. Tolse la sacca che conteneva le sfere dalla sella - Ora, vai. Devi tornare a casa -
Silver non si spostò. Nitrì.
- Dovete tornare a Laos. A casa, Silver. Devi condurli tu -
Lui sbuffò dalla nari. Poi, quando Marina batté una mano sul collo dell’animale, quello si lanciò al galoppo, seguito dagli altri cavalli. Li guardarono allontanarsi. Ben presto scomparvero, percorrendo al contrario il sentiero del vettore. Poi loro ripresero a camminare.
Si fermarono in un punto in cui uno degli argini di cemento era stato aperto.
- Perché hanno infossato la strada in questo modo? - chiese Natasha. - L’hanno fatto di proposito, vero? -
Marina allungò lo sguardo nella spaccatura. - Credo sia una misura difensiva. Incassare la strada che porta al ponte, permette alle truppe appostate in cima agli argini di controllare l’accesso alla città -
- Quindi pensi che ci abbiano visti? - domandò Armand.
- Non credo. No -
- Questa sembra una di quelle strade che portano all’inferno - E all’ex sacerdote venne in mente il suo sogno. Quel libro. Better to reign in hell than serve in heaven.
(Sì? Io non ne sarei così convinto)
La via andò progressivamente deteriorandosi, man mano che altre stradine vi confluivano. Nei pressi del ponte la pietra si sostituì ad un materiale che per tutti era pece solida, mentre per Armand era asfalto. Non aveva resistito al tempo come il pietrisco ed ora era accidentata. I terrapieni erano diventati ancora più ripidi. Terrapieni che terminarono alla confluenza di una mezza dozzina di strade. Lì il passaggio si spalancava di nuovo, un fatto che fece sentire tutti più sollevati.
- Date un’occhiata - disse Marina. Indicava ad ovest.
Ora che non c’era più l’ostacolo dei terrapieni, videro quello che Ted e Nils avevano raccontato. Un’unica rotaia. Posata su una struttura di pietre prefabbricate. Veniva loro incontro da ovest in una linea retta e sottile, attraversava il fiume ed entrava in città tramite un ponticello non molto largo e dorato. Una costruzione altrettanto danneggiata dal tempo e dalla ruggine. Dal tratto centrale, inoltre, mancava una sezione intera di traliccio.
- Ora capisco. L’altro Blaine non funziona più per un motivo ben preciso - disse Valerio. - I sostegni devono aver ceduto sotto il peso del treno mentre attraversava il fiume. -
- Speriamo che Ted avesse ragione quando diceva che ce n’è un altro - disse Natasha.
- C’è - rispose Armand, sicuro. - Sono sicuro che c’è -
Tutti spostarono lo sguardo sul ponte che si ergeva dinanzi a loro. Ora che erano vicini, vedevano anche i varchi fra le costruzioni, le torri mezze diroccate, le finestre con i vetri rotti. Molti edifici erano ancora in piedi ma il loro aspetto era tetro e desolato. Il ponte, poi, non appariva certo solido. I montanti di sinistra pendevano. Quelli di destra sembrava urlare per la tensione. La base, costruita con casse di cemento, era crepata, accidentata. In diversi punti, c’erano buchi neri e varchi larghi abbastanza perché una persona potesse precipitare di sotto.
- Dunque... - cominciò Armand. - Cosa ne dite? -
Marina indicò il lato destro del ponte. C’era una passerella larga un metro e mezzo circa. Era stata costruita con cassoni di cemento più piccoli. - Per di là. C’è un solo punto difficile. Riuscite a vederlo? -
Era impossibile non vederlo. Via via che i cavi di sospensione avevano iniziato a staccarsi, il ponte aveva iniziato a pendere sempre più verso sinistra. Il culmine della torsione corrispondeva al centro. Nel punto dove la pressione era maggiore si era aperta una grossa fessura. La spaccatura nella passerella era più stretta, anche se almeno due cassoni di cemento erano scomparsi nel fiume lasciando un varco di cinque metri. C’era uno spicchio di cemento sul quale potevano camminare.
- Ce la possiamo fare - asserì Marina. - La ringhiera è ancora integra. Così avremo qualcosa a cui aggrapparci -
Esther deglutì a fatica. Aveva il cuore in gola.
- Non c’è altro modo - fece notare Marina.
Armand osservava, con gli occhi spalancati. - Beh... -
- Se pensi di non farcela, dillo ora. Se ti blocchi a metà dell’attraversamento sarà un bel problema per tutti -
- Le altezze non sono il mio forte - rispose Armand. - Ma mi sforzerò. Andiamo -
- Bene. Prima si comincia, prima ci toglieremo questo pensiero. Vado avanti io con Esther. Poi gli altri -
Marina andò. Armand la seguì subito dopo e non appena mise un piede sulla passerella e udì un sommesso scricchiolare, la paura parve travolgerlo come un’ondata d’acqua fredda. Si sentiva in bilico sul pendolo più grande del mondo. La superficie era incrinata e pendeva nettamente sulla sinistra. Il vento mugolava fra i cavi in tensione.
Maria madre di Dio, aiutami.
Dieci metri di vuoto. Poi venti. Poi trenta. Poi furono sopra il fiume.
Esther, dal canto suo, non solo non intendeva guardare giù, ma non osava neppure alzare lo sguardo ai tiranti che in qualche modo reggevano ancora il ponte.
Ha tenuto fino ad ora. Quindi terrà ancora per un po’. Perché dovrebbe precipitare proprio quando io lo sto attraversando?, pensò Esther.
Urtò con la scarpa un pezzo di cemento, che cadde giù in un varco. Con un principio di voltastomaco, ma incapace di chiudere gli occhi, lo guardò precipitare. Vi fu un lieve splash, non appena raggiunse l’acqua. Il ponte gemeva e oscillava. Esther strinse saldamente la ringhiera e per un attimo temette davvero che non sarebbe riuscita ad andare avanti.
Non posso fermarmi. Non posso assolutamente.
Riaprì gli occhi, li fissò su Marina e riprese ad avanzare.
Arrivarono all’estremità del tratto mancante. Esther era due passi dietro a Marina. Un paio di metri più indietro c’era Armand, pallido come un cencio.
- Esther? Stai bene? - chiese Marina.
- Sì -
- Armand? -
- Non preoccuparti per me -
- Natasha? -
La strega sorrise. Non sembrava minimamente toccata dall’altezza.
Valerio e Laura le dissero che potevano procedere. Marina annuì. - Ora attraversiamo. Restate tranquilli. Nessun movimento brusco -
Marina si aggrappò saldamente alla ringhiera e iniziò a strisciare gli stivali sul cemento.
Armand attese che Marina ed Esther avessero completato l’attraversamento del tratto pericoloso prima di cimentarsi a sua volta. Si segnò. Deglutì e sentì la gola riarsa. Poi attraversò.
Un colpo di vento scosse il ponte, facendolo dondolare e stridere. Un suono metallico secco e stridulo annunciò la rottura di un filo nel cavo arrugginito. Il rumore fu molto simile ad una corda di chitarra che si rompe.
- Cristo... - mormorò.
Ma non c’era nessun Cristo che poteva aiutarlo in quel momento. Quando fu dall’altra parte, inspirò ed espirò lentamente. Arrivarono anche gli altri.
Esther aveva il volto color grigio fumo.
- Ti senti male, Esther? - s’informò Marina, prendendole il viso fra le mani.
- No. No, sto bene - disse lei.
- Io sverrei volentieri. Ma immagino non sia il momento - osservò Armand, detergendosi il sudore dalla fronte.
- Andiamo, allora. Non perdiamo tempo - Marina si voltò, fece un passo e si fermò di nuovo.
Dall’altra parte del tratto di passerella mancante, un tizio li osservava con una faccia di pietra. Si era fatto loro incontro mentre erano concentrati ad attraversare il tratto di passerella pericoloso. Aveva una pistola appesa alla cintura e qualcosa nella mano destra, un oggetto rotondo che Marina non riconobbe, ma Armand invece sì e ne ebbe sgomento. Sembrava una granata.
La testa dell’uomo era avvolta in un fazzoletto rosso. L’occhio destro era coperto da una pezza nera, mentre l’altro, marrone, li osservava. La faccia era cosparsa di piaghe violacee, alcune delle quali aperte. Scoprì un ghigno beffardo, fatto di denti gialli e neri.
Marina, Valerio e Laura estrassero le pistole.
- Mettetele via - ordinò l’uomo, in un accento che mandò quasi perso il significato delle parole. - Non vi conviene. Siete dei pistoleri. Lo vedo. Ma stavolta le pistole non vi serviranno -
 
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view post Posted on 21/7/2010, 19:30
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CITAZIONE (Stephanie86 @ 21/7/2010, 15:21)
Marina la prese per mano. - Vieni. Riposiamoci ancora un po’. -
Si sdraiarono l’una accanto all’altra. Marina le mise un braccio intorno alla vita e si chinò per darle un bacio sulle labbra.
- Amore mio... - le sussurrò in un orecchio. Esther sorrise e subito dopo sentì le sue labbra sul collo. Chiuse gli occhi, abbandonandosi a quella sensazione meravigliosa. - Ti amo... ti amo con tutta me stessa -
- Ti amo anch’io - le disse Esther.

:sigh: :sigh: :amore: :amore: :amore: :amore:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 21/7/2010, 15:21)
- Speriamo che Ted avesse ragione quando diceva che ce n’è un altro -

Ancora?!?!Nn era Ted!!!Ted era lo scettico!!!>o<
CITAZIONE (Stephanie86 @ 21/7/2010, 15:21)
Ha tenuto fino ad ora. Quindi terrà ancora per un po’. Perché dovrebbe precipitare proprio quando io lo sto attraversando?, pensò Esther.

Xké 6 sfigata!!!Dai sto skerzaaando... = :dispettosa1:
CITAZIONE (Stephanie86 @ 21/7/2010, 15:21)
- Io sverrei volentieri. Ma immagino non sia il momento - osservò Armand

:D :D :D
 
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view post Posted on 21/7/2010, 19:45
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Ancora?!?!Nn era Ted!!!Ted era lo scettico!!!>o<

E' vero! Nils! -_-
 
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